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La presentazione in anteprima italiana nella Torre di Fosdinovo CORTOMETRAGGIO di MarKus Otz

28/10/2022

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​​L’altra faccia della montagna
Un viaggio mistico in vetta alle Apuane

Picture
Il corto di Markus Otz (che firma anche la sceneggiatura e le riprese insieme a Emanuele Mura) ha per protagonista e voce narrante Filippo Precetti, che è anche autore del soggetto, dei testi e co-produttore del film insieme a Sonia Baudacci, osteopata, trekker e grande viaggiatrice, Luisa Neri e lo stesso Otz. ​

Vai all'articolo completo al link:
​http://www.reggioreport.it/2022/10/laltra-faccia-della-montagna-un-viaggio-mistico-in-vetta-alle-apuane-video-font-colorredpremiato-negli-usa-e-a-vienna-il-docufilm-di-markus-otz/


l teaser di presentazione  
DI PIERLUIGI GHIGGINI 
27/10/2022 – “L’altra faccia della montagna potrebbe essere l’altra faccia di ciascuno di noi, quella che tutti bene o male ci siamo costruiti o che altri ci hanno attribuito a nostra insaputa. Il bello è che esiste un confine ben marcato tra queste due facce e ognuno di noi ha la possibilità di arrivarci, per poter vedere dall’altra parte ciò  che la natura ci ha donato.
In questo veloce viaggio io voglio stare il più possibile sul filo di cresta per mostrarvi le due facce della montagna, che non sono altro che le due facce che coesistono in ciascuno di noi”.
La frase che leggete qui è l’incipit di un pensiero filosofico non convenzionale. Una riflessione per immagini, guidata dalle parole dell’alpinista Filippo Precetti,  sulla natura e i suoi cambiamenti come specchio dell’esistenza umana. 
Immagini mozzafiato, grandiose e mai viste prima. Immagini delle Apuane, quella catena chiamata Alpi ma che in realtà appartiene all’Appennino toscano e si specchia nel mar Tirreno quasi a precipitare dentro di esso. Montagne scabre e imponenti, divinità telluriche che incutono timore e non fanno sconti, ma al tempo stesso sollecitano il coraggio e il desiderio di avventura sin dalla più remota antichità. E sfidate, scavate, trasformate e deturpate per quei marmi candidi che scandiscono l’evoluzione della civiltà da più di duemila anni, e per questo sollecitano senza tregua la cupidigia degli umani.

Markus Otz A queste magnifiche Apuane, al loro mistero e alle loro ferite è dedicato un docufilm realizzato in house, praticamente un passaparola tra custodi del genius loci che hanno saputo coinvolgere un maestro dei cortometraggi come Markus Otz per raccontare le montagne sacre agli antichi Liguri in modo assolutamente inedito e sorprendente, dove quel paesaggio, visto dai piedi di un alpinista ma anche dall’occhio dei droni, cessa di essere lo spot di lusso di un film di 007 per restituire invece nel giro di pochi minuti, dodici minuti da rivedere e rivedere ancora, la chiave d’oro che apre la porta spirituale di queste montagne, lasciando a noi la scelta: salire verso la luce, o scendere verso il buio ctonio. 
Girato nel 2021, “L’altra faccia della montagna” ha già ricevuto  prestigiosi riconoscimenti internazionali: L’Award of Merit assegnato dal panel di critici prestigiosi degli Impact Docs di la Jolla (San Diego, California) nel quale era in competizione con nomi altisonanti della cinematografia mondiale; nel mese di agosto il Best Documentary Short allo HIGA – Hollywood Golden Age Film Festival di New York; e il Best Cinematography al Festival del cinema indipendente di Vienna. E la giostra dei festival e dei premi è ancora in svolgimento.



Da L’altra faccia della montagnaIl corto è stato presentato nei giorni scorsi in anteprima italiana nella cornice della torre medievale di Fosdinovo, spazio culturale di straordinaria semplicità e bellezza (non a caso ospita la mostra sulla Riserva della Biosfera Unesco dell’Appennino tosco-emiliano) nel cuore di un borgo tra i più famosi  della Lunigiana. 
Doveva essere un evento per pochi appassionati di cinema e della montagna, invece è stato un happening con una sala affollata all’inverosimile e un pubblico letteralmente rapito dalla inattesa visione delle Apuane double face: da un lato del crinale la natura che profuma ancora di selvatico, dall’altro il gigantesco ventre bianco portato allo scoperto come una ferita perennemente aperta, tagliato a blocchi e sminuzzato in pietrisco dall’uomo (che ancora di più scava e taglia non visto nelle profondità della montagna) in un paesaggio unico, grandioso e sconvolgente sotto tutti i punti di vista, e sullo sfondo di un panorama che si spinge ben oltre il Golfo della Spezia, la Versilia e sino alle isole toscane, alle Alpi Marittime e al Monviso.
Il corto di Markus Otz (che firma anche la sceneggiatura e le riprese insieme a Emanuele Mura) ha per protagonista e voce narrante Filippo Precetti, che è anche autore del soggetto, dei testi e co-produttore del film insieme a Sonia Baudacci, osteopata, trekker e grande viaggiatrice, Luisa Neri e lo stesso Otz. 

Filippo PrecettiE’ infatti l’alpinista a concepire un viaggio sul crinale “che esiste solo nella mia testa” alla scoperta delle due facce delle Apuane e della propria interiorità, sempre in bilico tra un versante e l’altro della montagna e della vita. 
Un viaggio ad anello nel quale lui racconta e  si arrampica come uno stambecco, e tuttavia con una levità stupefacente (ah, i segreti degli alpinisti…) dal Pizzo d’Uccello alla cima del Garnerone sino al Grondilice e al Monte Sagro, che diventa un Golgota con Precetti come Giovanni ai piedi della croce del Cristo. Viaggio che comincia e si conclude a Vinca, il paese martire di una delle più efferate stragi naziste, dove il Male riemerse dalle profondità infernali per nutrirsi del  sangue di 142 innocenti. Qui il film colpisce al cuore quando il grido dei rapaci d’alta quota si fonde con le urla dei bambini portati al sacrificio.
 Anche questa una ferita per sempre aperta, proprio come i tagli colossali delle cave che biancheggiano verso il blu Tirreno e diventano rosa al tramonto, prototipo dei centri spirituali arcaici come li descrisse, per così dire, il Guenon.
I titoli di coda sfumano su un altro grido di dolore, sommesso ma potente, sulle sorti future delle Apuane sventrate e sbriciolate senza fine. 

C’è qui, ben oltre la buona ecologia, l’eco della sacralità di queste montagne olimpo di divinità antiche, per le quali il popolo Ligure riuscì a tenere testa per secoli agli Etruschi prima e ai Romani poi, preferendo la ritirata nei castellari, lo sterminio e le deportazioni nel Sannio per difendere sino all’ultimo l’inviolabilità delle vette come patrimonio spirituale e identità di un popolo.

Sacralità non del tutto perduta, sopravvissuta a molte “civilizzazioni” e che ancora resiste sotto traccia, senza lari né altari, e che riemerge per opporsi alla soluzione finale alla quale i vampiri globali vorrebbero condannare le Apuane.    
Perchè se è valsa la pena nei millenni sacrificare il marmo per adornare le città e alzare grandi monumenti, trasformando la pietra in lievito della cultura e del bello delle civiltà, perchè mai dovremmo sopportare  che quelle montagne oggi vengano decapitate e spianate, preda di multinazionali avide di carbonato di calcio, per farne polvere da dentifrici? E allora, il  grido di dolore diventerà mai grido di battaglia?
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